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Dal Giro del Monviso al Tour Monviso Trail

LA PREMESSA

Chi sarà stato il primo salitore del Monviso? William Mathews e compagnia arrampicando nel 1861 come sostengono i sacri testi, i militari/geologici dello Stato Maggiore francese almeno un secolo prima come sostiene lo studioso Olivier Jhoseph oppure, ancora, Sebastiano A. come sostiene l’atleta e scrittore Dario Viale nel suo interessante libro di “leggende” occitane?

Le “Prime” appartengono al campo del “conosciuto” solo per l’ovvia impossibilità di scrutare quanto avvenuto “prima della Prima”.

La storia del Giro del Monviso prende il via con l’anno 1987 non avendo conoscenza, almeno diretta, con quanto possa, in materia, essere successo in precedenza. L’anello di congiunzione tra i due semi – paradossi è proprio Dario Viale che ha dato la sua versione sulla conquista del Monviso e, nel contempo, è stato uno degli attori principali della prima edizione del Giro del Monviso il 30 agosto 1987.

Sono passati solo 30 anni dal punto di vista temporale ma sono trenta anni che hanno visto cambiare profondamente il mondo dello sport; di quello sport all’epoca in transito dalla definizione “Marcia Alpina” a quella di “Corsa in Montagna” per poi approdare, in tempi più recenti, alle più altisonanti Skyrace e Trail. Erano gli anni nei quali non esisteva il recente concetto del “Finisher” ovvero l’atleta che ha come obiettivo principale quello di “finire” il percorso previsto nei tempi (e cancelli) dati assegnando alla classifica una importanza secondaria. Erano gli anni nei quali la competizione era l’obiettivo principale da praticare con il coltello tra i denti.

A quel tempo le gare “eroiche” di Marcia Alpina erano davvero poche: nei nostri territori la Tre Rifugi in Val Pellice, la Tre Funivie a Sestriere, lo Chaberton a Cesana ad esempio. L’idea di proporre il Giro del Monviso fu un atto di puro pionierismo sportivo: 39 km (circa) con dislivello di salita di mt. 2415 (in discesa 2404 precisava il volantino in epoca ante GPS) con partenza da località Castello ed arrivo nel concentrico di Pontechianale in alta Valle Varaita.

Proprio in quell’anno si svolse la terza edizione dell’Himalaya Marathon, gara a tappe sulle montagne nepalesi alla quale prese parte, vincendola, Dario Viale in compagnia del compagno di imprese sportive Giovanni Martino e forse il “coraggio di osare” agli ideatori del Giro del Monviso venne proprio dal successo che stavano registrando i primi tentativi in materia di uno sport allora considerato estremo.

Il volantino ufficiale elenca sul frontespizio coloro che hanno avuto il coraggio di proporre l’avvenimento: Comunità Montana Valle Varaita e Valle Po – C.A.I. Sezione Monviso Saluzzo – C.A.I. Sezione di Barge – Podistica Comunità Montana Valle Varaita. Il Comitato Organizzatore sotto la guida di Valerio Bergerone (Direttore di gara Mario Isoardi) era così composto: Pier Matteo Roulph, Paolo Ansaldi, Laura Chiotti, Mario Abbà, Antonio Arnaud, Giuseppe Bassignano, Ettore Borsetti, Felice Cacciolatto, Pietro Chapel, Secondo Martina, Aurelio Monge Roffarello, Antonio Palmero e Giovanni Turco…

E così il progetto divenne realtà e domenica 30 agosto 1987 prese il via l’avventura con una prima inaspettata sorpresa: ben 144 iscritti, un record assoluto per l’epoca e per la tipologia di gara. Partirono in 133. Novantanove compirono l’impresa e ben 34 furono i ritirati, segno della preparazione approssimativa di quei tempi. Ma di questa avventura ne parleremo al prossimo post.

Carlo Degio

DAL GIRO DEL MONVISO AL TOUR MONVISO TRAIL – 1 -

30 AGOSTO 1987 – PONTECHIANALE INCORONA SILVIO CALANDRI E PAOLA DIDERO

Il Monviso osservava, non senza stupore, quegli strani esseri umani che nel mese di agosto 1987 gli facevano visita pur senza raggiungerne mai la cima: abbandonati pantaloni alla zuava ed i tradizionali scarponi indossavano maglietta, pantaloncini e scarpette e percorrevano (quasi) sempre di corsa i suoi sentieri. Anche in alta Valle Varaita erano arrivati i “Corridori del Cielo”, in termini più pomposi “Slyrunners”!

Il luogo di ritrovo era una Frazione di Pontechianale dove la diga precipita a valle ed in specifico la Frazione Castello. Di lì un ardito sentiero saliva a Grange Gheit da dove partiva il vero e proprio Giro del Monviso via Gallarino, Quintino Sella, Pian del Re, Traversette, Bailiff, Vallanta e fine pena nel concentrico di Pontechianale: Km 39 e dislivello positivo di 2415 metri. Questo recitava il programma tecnico di un apposito voalntino. Occorreva affinare una qualche preparazione per l’ “Impresa” sportiva senza potere contare su tabelle specifiche a quel tempo inesistenti. Provare a correre sempre o limitarsi a marciare riservando la corsa per i tratti pianeggianti e le discese? Quale alimentazione prima e durante la gara? E l’abbigliamento giusto?

Solo qualcuno poteva contare sulle esperienze pregresse. Tra questi c’erano i favoriti d’obbligo (almeno così li presentava un corposo articolo su “La Stampa”) ovvero l’Italiano Dario Viale e lo svizzero Felix Thurler reduci dai primi due posti alla Himalaya Marathon svoltasi, per la terza volta, in Karakorum nella stessa estate.

L’ agosto ’87 è stato un mese di prove dai tratti anche empirici oltreché pionieristici: si racconta di atleti che sperimentavano la colazione a pane, salame e vino per darsi forza e tono prima dell’impresa… qualcun altro, in tempi ante GPS, sbagliava vallone e saliva il selvaggio Vallone dei Duc “scoprendo” l’esistenza del Passo del Ranco o del Passo Calatà… Qualcuno si concentrava su di un dettaglio che sfuggiva ai più: come superare indenni l’ultima asperità costituita dai circa 3 km finali (quasi pianeggianti) che dalla diga portavano al traguardo? Non ostante le molte incognite la proposta agonistica del Giro del Monviso rappresentava un obiettivo irrinunciabile per l’ambizione dei protagonisti dello sport povero (e non povero sport) della Marcia Alpina.

E venne il giorno dell’evento: 141 pionieri accettarono la sfida anche se poi alla partenza si presentarono “solo” in 133. Numeri alti per l’epoca e per le incognite dell’inedita avventura sportiva. L’elenco dei presenti e delle società sportive rappresenta un tuffo nella storia della specialità: Scrimaglia Adriano, Silvio Calandri, Poet Bruno, Dario Viale, Ruffino Elio, Martino Giovanni, Giusiano Oscar tra gli altri atleti e Libertas Challant, U.S. Coazze, Gasm Torre Pellice, Atl. Cavour, E’ Sport Damberto, G.S. Bognanco… Al vero 39 “pionieri” dovettero ritirarsi per cause varie accontentandosi dell’”averci provato” e le classifiche ufficiali classificano 99 arrivati tra i quali 4 donne!

Fu gara vera e riservò anche alcune sorprese: tra queste di grande rilevanza la vittoria, imprevista da una stampa poco informata, del montanaro Silvio Calandri di Ussolo di Prazzo (4.18’33”) che nella discesa finale raggiunse e staccò un Dario Viale appesantito dalle fatiche himalayane e dal mancato recupero come lui stesso afferma in “Trail de vie” il suo ultimo (capo) lavoro edito da Fusta Editore…E che dire di Bruno Poet (altro esempio di cuore matto escluso, proprio per questo, dal servizio militare), altro montanaro ma in questo caso della Val Pellice che giunto al Pian del Re decise per il ritiro ma costretto alla ripartenza, dopo qualche minuto di pausa, dal tifo degli amici valligiani riprese la corsa in 9° posizione per concludere in rimonta conquistando la seconda piazza (4.27.21)? Terzo finì Elio Ruffino, anche lui montanaro della Valle Sangone davanti ad uno strepitoso Martino Giovanni, reduce dalla impresa dell’Himalaya ma più prudente nel gestire le proprie forze. Felix Thurler trovò un buon nono posto (5.04’42) anche se non all’altezza delle attese (e dei pronostici). La gara femminile, accettata a mala pena dalla fidal, confermò le grandi potenzialità atletiche della Valsusina Paola Didero (40° assoluta in 5.58’40) cha mise a frutto le precedenti esperienze di specialità sullo Chaberton.

Stupì la presenza di un settantatreenne…Musso Giulio – Cedas Fiat finito gloriosamente ultimo in 8.49’23” e senza rivendicazione di apposite “categorie” per potere dirsi “vincitore”: merce rara al giorno d’oggi!

La piazza di Pontechianale appariva come un campo profughi al termine della gara con atleti provati dai crampi favoriti da una splendida giornata di sole oltreché dall’insufficiente idratazione muscolare.

Gli applausi che accoglievano gli “eroi” al traguardo si alternavano ai lamenti di atleti distrutti dalla fatica e consolati da intere famiglie salite in alta valle a sostenere l’impresa inumana! Circolavano opinioni ed epiteti irripetibili per scurrilità nell’immediato dopo gara ma poi… hanno fatto capolino le prime strategie per l’edizione 1988: forse la prima salita a Castello verso Grange Gheit va presa più con calma…forse…

Carlo Degio

DAL GIRO DEL MONVISO AL TOUR MONVISO TRAIL -2-

28 AGOSTO 1988 – LA VITTORIA DI ELIO RUFFINO E L’ESCLUSIONE DELLE DONNE

…e già, le strategie: Oggi molti saprebbero consigliarti sia nelle tabelle di preparazione sia su come affrontare lunghe distanze e grandi dislivelli ma nel 1988 non c’era nulla di tutto questo. I numeri degli appassionati era molto ridotto e non esisteva un mercato specifico di materiali, neppure le moderne scarpe da Trail. Ci si adattava con quello che l’industria costruiva per la più nobile Atletica, di pista o strada (Stadia e No Stadia direbbe la Fidal), purché fosse sufficientemente robusto da arrivare a fine gara. Adidas Rome, per esempio, oppure le mitiche Asics Epirus adottate dalla squadra della blasonata Forestale Roma. I bastoncini erano riservati allo sci di fondo ed allo sci alpinismo mentre la marcia veniva aiutata, sulle pendenze più marcate, dal lavoro “a pantografo” delle mani sulle gambe.

Ma l’edizione 1988 del Giro del Monviso è ricordata anche per il divieto di partecipazione delle donne imposto dalla Federazione Italiana di Atletica Leggera. Non erano servite a fare rinsavire la Federazione le performance di Rita Marchisio, che nel 1982 aveva vinto la Maratona di Osaka correndo una distanza “fortemente sconsigliata” alla categoria femminile; oppure della coppia Depetris Eva e Giordan Ivana che sfidarono i sommi divieti regolamentari, al vero in questo caso del Club Alpino Italiano versione Val Pellice, partecipando alla Tre Rifugi nel 1980.    “Rien a faire”: la sentenza della F.I.D.A.L., chiamata dal Coni a gestire uno sport che non conosceva, impose le sue regole. E dire che l’anno precedente Paola Didero (Federazione distratta) aveva dato una dimostrazione sul campo della potenza atletica femminile (anche) in quello sport.

L’avvento della Fidal (primi anni ’80) nel settore delle (ex) Marce Alpine provocò qualche danno al settore specifico. I regolamenti federali, infatti, erano scritti per altre discipline e difficilmente applicabili nei percorsi montani. In questa operazione di implementazione la Federazione si dotò di un apposito Comitato Nazionale di Corsa in Montagna per una opera di armonizzazione tecnica complessiva ma quest’ultimo ha sempre faticato a trovare adeguato ascolto non essendo, la Corsa in Montagna, uno sport olimpico. Del Comitato faceva parte Bartolomeo Aimar, giudice di gara del Giro del Monviso.

Pur con il divieto femminile furono 161 gli atleti che si iscrissero. Di questi 150 presero il via alle ore 8 dalla Frazione Castello. Mancavano all’appello 11 iscritti: si mormora che tra questi ci fosse anche qualche militare “comandato” a partecipare e che aveva “marcato visita” di fronte al Re di Pietra! La classifica ufficiale prosegue definendo in 122 i classificati con 8 atleti fuori tempo massimo e solo più 20 ritirati: meno 50% rispetto alla prima edizione. Segno evidente che il “coraggio dell’incoscienza” ha lasciato il posto ad una più adeguata preparazione.

L’Eroe di giornata si è rivelato essere Elio Ruffino, anche lui di discendenza margara e proveniente dall’alpeggio del Ciargiour in alta Valle Sangone. Nella prima edizione aveva dovuto cedere la seconda piazza a Bruno Poet rinvenuto forte nella seconda parte della gara e così ha pensato bene di prendere il largo fin da subito scavando un solco finale superiore ai 15 minuti. Due minuti in più del vincitore della gara di esordio (4.20’11”) ma troppe sono le incognite su quei tracciati per potere fare una graduatoria realistica sul crono delle prestazioni. Il venaschese Giovanni Martino mettendo a frutto l’esperienza del 1998 conquista uno strepitoso 2° posto per la gioia di Felice Cacciolatto, presidente della U.S. Sanfront, che sulla vetta del Monviso si era sposato, relegando al terzo gradino del podio il vincitore della prima edizione Silvio Calandri. Anche il mitico Marco Olmo fu della partita, ante “marathon des sables”: 6° posto per lui che aveva nella corsa resistente la sua migliore qualità.

La classifica per società fece registrare il trionfo della Atletica Cavour impegnata, in allora, nella partecipazione ai Campionati Italiani di Corsa in Montagna. Bella storia sportiva, quella dell’Atletica Cavour: avendo a disposizione la Rocca in luogo di una pista di atletica utilizzò quell’anomalo impianto per realizzare una delle più esaltanti equipe sportive riuscendo, addirittura, ad allestire, sulla rocca stessa una prova di Campionato Italiano di Corsa in Montagna (1987)!

Sotto il sole pomeridiano le premiazioni hanno assegnato il ricco monte premi (in denaro: 300.000 Lire al vincitore) ad atleti e società. Le fatiche della gara hanno lasciato spazio alla soddisfazione dell’impresa compiuta ma nel “parterre” si mormora di grandi novità in vista della 3° edizione …non tutti le gradiscono…

Carlo Degio

DAL GIRO DEL MONVISO AL TOUR MONVISO TRAIL -3-

27 AGOSTO 1989 – GABRIELE BARRA E LIVIO BARUS (STRA)VINCONO UN GIRO DEL MONVISO “MUTILATO”

Ed eccola la grande e, sportivamente parlando, tragica novità del Giro del Monviso terza edizione che, nei fatti, ha contribuito in modo determinante alla sua stessa fine nella versione “vecchio testamento”: il cambio radicale della formula tecnica passata da gara individuale su tutto il tracciato a gara a staffetta tra due atleti (ancora rigorosamente maschili) con cambio in zona Pian del Re!

Novità alla quale hanno contribuito gli altalenanti regolamenti della Federazione Italiana di Atletica Leggera attraverso l’apposito Comitato Nazionale Corsa in Montagna. Le distanze ed i dislivelli del Giro originale erano ritenuti eccessivi in tempi ante “gran fondo” prima e “trail” in tempi più recenti!!! Il “Giro” nel suo insieme non cambiava ma il fascino dell’avere “circumnavigato” in Monviso in solitaria fu precluso!

La scelta tecnica non premiò la partecipazione, divenuta di una ottantina di staffette in luogo di 160 singoli atleti ma determinò, per organizzazione ed atleti, notevoli disagi logistici facilmente immaginabili.

Tutto questo nulla toglie al valore sportivo dei vincitori della edizione 1989: Gabriele Barra consegnò in zona cambio la 4° posizione provvisoria(2.00’31”) ad un immenso discesista quale Livio Barus che si incaricò di recuperare la testa della gara facendo segnare il miglior tempo nella sua frazione in 2.06’52”! La loro Società Sportiva si chiamava, già allora. S.D. Baudenasca con l’aggiunta dello sponsor Roma Petroli. Per completezza di informazioni tecniche occorre chiarire il livello degli atleti presenti: la prima frazione fece registrare il miglior tempo di Marco Sclarandis (Atletica Cavour – 1.53.42) davanti a Marco Olmo (Com. Mont. Alta V. Susa – 1.56’01”) e Lantelme Pier Luigi (Valli di Lanzo – 1.57’40”). Nella frazione conclusiva, detto dello strapotere di Livio Barus, va segnalato il secondo tempo di Elio Ruffino, il vincitore della 2° edizione, (U.S. Coazze – 2.08’26”) ed il terzo di Dario Viale (U.S. Sanfront – 2.08,53”) tornato a visitare il Monviso in compagnia di Giovanni Martino.

Ovviamente ne risentì anche il tempo complessivo determinando, per i vincitori, un totale di 4.07.23, migliorando di circa 11 minuti il tempo precedente di Silvio Calandri in “solitaria”.

Come detto, la formula “a staffetta” del Giro del Monviso 1989 contribuì alla fine della competizione nella sua versione “antico testamento”. Concorse a questa scelta anche lo stress che l’allestimento di dette manifestazioni comporta per gli Organizzatori. In questo caso ne è testimonianza il saluto finale di Valerio Bergerone, coordinatore della macchina organizzativa, che, nel bollettino del Cai Monviso Saluzzo (n. 33 del Gennaio 1990) così scriveva: “…con una stretta di mano tra noi del Comitato ieri sera, dopo un incontro brutto e triste, ho passato il testimone ad un altro presidente al quale auguro tutte le emozioni ed i momenti belli che questo impatto con il mondo podistico di alta quota mi ha regalato…il Giro del Monviso era l’ultima cosa che pensavo di organizzare, ed invece sono state tre le edizioni, troppe. Lasciano un segno indelebile”.

Ma il saluto di Valerio aggiungeva un particolare che farà riflettere chi faceva parte dell’avventura. Tra i mille ringraziamenti ha voluto citare anche un fatto negativo. Scrive, infatti: “Uomini hanno lavorato per altri uomini in modo volontario per assistere la sicurezza al passaggio degli atleti…un concorrente ha percorso la sua frazione insultando proprio tutti, spettatori compresi. Ha anche maledetto il Monviso che si è vendicato con una delle sue leggendarie frane di sassi dal versante nord…poverino: non ha capito proprio niente del nostro lavoro…Le (gli per la precisione – nota dell’autore) auguro di pensarci su e di ravvedersi così potrà anche lui divertirsi e stupirsi dei paesaggi che incontra praticando l’entusiasmante sport che ha scelto!...”

Chi era costui? Il quesito ha una risposta chiara nella mente degli atleti del tempo che fu ma… per rispetto non so se ve lo rivelerò nei prossimi racconti attorno al Monviso oppure…scorrete la classifica!

Come scritto, la terza edizione del Giro del Monviso concluse un’epoca e dovettero passare 24 anni prima della “rinascita” in versione “nuovo testamento” complici (anche) i gemelli Dematteis ma questo è affidato alle prossime puntate della fiction “DAL GIRO DEL MONVISO AL TOUR MONVISO TRAIL”. C’è ancora molto da raccontare…

Carlo Degio

DAL GIRO DEL MONVISO AL TOUR MONVISO TRAIL -4-

7 GIUGNO 2011 – IL LUNGO SONNO ED IL RILANCIO DELLA PODISTICA VALLE VARAITA

Dopo l’esperienza mutilata del 1989 il Giro del Monviso, in versione sportiva, entrò “in sonno” e vi rimase per 22 anni!!! Non ebbe vita facile Valerio Bergerone a trovare un sostituto che prendesse il timone della “sua” creatura.

In attesa di tempi migliori il Monviso divenne protagonista di altre imprese sportive quali il record di salita alla vetta di Dario Viale (al vero realizzato, in sordina, nel 1986) ed il record di salita e discesa realizzato da Paolo Bert nel 2011. Per tutti quegli anni i sentieri del Monviso furono percorsi solo dagli semplici escursionisti, “randonneur” francesi in testa. Fu anche “teatro”, il Monviso, del triste cerimoniale dell’ampolla d’acqua prelevata annualmente alle sorgenti del Po ignorando, i protagonisti, che l’acqua raccolta discendeva direttamente da una Punta che ha come nome, ironia della sorte, Punta Roma! Segnalo la carenza della geopolitica padana e mi taccio.

Intanto in Valle Varaita nasceva e prosperava una nuova creatura sportiva: La Podistica Valle Varaita coordinata da Giulio Peiracchia che aveva messo il competente sguardo su due gemelli di Rore dal cognome altisonante per lo sport valligiano. Dematteis era, infatti, sinonimo di grandi atleti valvaraitini soprattutto nello sci di fondo. Loro si chiamavano (e si chiamano ancora) Martin e Bernard e contribuirono in modo determinante alla crescita quantitativa e qualitativa della compagine sportiva.

La sera di martedì 7 giugno 2011 a Manta, nel saluzzese, si svolgeva l’ennesima edizione di una particolare manifestazione sportiva a cronometro individuale di Corsa in Montagna. La cronoscalata (con annessa discesa) al Castello. Protagonisti furono proprio i Gemelli Dematteis già assunti oramai agli onori dei podi riservati ai campioni. Ma quella sera la classifica della competizione divenne un fatto secondario: i convenevoli del dopo gara (e forse qualche bicchiere di vino) determinarono l’imminente necessità di allestire, seduta stante, una riunione.

Protagonisti della riunione gli stessi gemelli Dematteis, Matteo Dematteis, Simone Peyracchia, Silvio Barra, Giorgio Pelissero, Paolo Fusta, Daniele Catalin, Carlo Degiovanni e, forse, qualche altro atleta. Ordine del Giorno: FARE RIVIVERE IL GIRO DEL MONVISO!!!

L’accorato appello veniva in particolare modo dai giovani atleti della Podistica Valle Varaita desiderosi di misurarsi con un’impresa dal sapore mitico. La riunione si concluse con impegno: appuntamento domenica 26 Agosto alle ore 7,00 a Pontechianale per una verifica del tracciato della “futura gara” cercando sentieri alternativi che valorizzassero anche i nuovi Rifugi Bagnour e Alpetto.

Alla data indicata un nutrito gruppo di atleti si ritrovò sulla piazza di Pontechianale: ai protagonisti della serata mantese (con limitate defezioni) si aggiunsero altri atleti ed il gruppo raggiunse la quindicina di partenti. Giornata splendida ed i giovani Valvaraitini scomparvero subito dalla vista dei più “esperti” partecipanti al “numero zero” del progettando nuovo Giro del Monviso. I vari gruppi sperimentarono vie diverse: il semplice “Giro”, il transito al Rifugio Bagnour ed all’Alpetto, il transito al Rifugio Giacoletti con discesa ardita dal Couloir del Porco…qualcuno di corsa (i più giovani) e qualcuno rigorosamente al passo compirono l’“impresa”.

L’avventura si concluse, per i più lenti, alle 19,30 dopo avere percorso chi 40, chi 50 e chi addirittura 57 Km alla ricerca del migliore tracciato. La valutazione finale fu unanime: IL GIRO DEL MONVISO DEVE RIVIVERE!!!

E si…ma chi prenderà il testimone lasciato da Valerio Bergerone 22 anni prima? Lo scopriremo solo vivendo, o meglio, leggendo la prosecuzione del “racconto”.

Carlo Degio

DAL GIRO DEL MONVISO AL TOUR MONVISO TRAIL -5-

L’INCONTRO CON IL PARCO DEL PO CUNEESE

Il progetto del “nuovo” Giro del Monviso rimase nel “libro dei sogni” dei promotori per un anno intero! Mancava un punto di riferimento quale un’Associazione Sportiva, una Pro Loco, un Comune o qualsiasi altro soggetto che potesse fare da contenitore del progetto. Non che non si sia cercato ma la nuova avventura spaventava per le dimensioni tecniche e, soprattutto, per i costi economici specie in tempi nei quali le casse degli Enti pubblici non garantivano più la generosità degli anni ’80.

Incontri ufficiali ed ufficiosi si sono susseguiti per tutto il 2011 e parte del 2012 conclusi tutti con un “nulla di fatto” fino a che sul finire del 2012 successe il “miracolo”!

La “convocazione” giunse per telefono: l’invito ad un incontro perveniva dal Parco del Po Cuneese e l’oggetto dell’incontro stesso era proprio la possibilità di riproporre il vecchio Giro del Monviso. Un incontro del tutto casuale generato da due progetti paralleli: da una parte i protagonisti della riunione Mantese che avevano finalità sportive e dall’altra il Parco che pensava alla manifestazione quale veicolo per promuovere il territorio del Monviso.

L’incontro si svolse negli uffici saluzzesi del Parco presenti il Presidente Silvano Dovetta ed il Direttore Massimo Grisoli. Giorgio Pelissero, Paolo Fusta ed io rappresentavamo, invece, il nucleo sportivo.

Avendo un obiettivo comune non fu difficile trovare l’intesa per una proficua sinergia. Si avviò subito un tavolo tecnico per affrontare i primi problemi tra i quali il più rilevante era costituito dalla necessità di ottenere dalle autorità francesi del Parco del Queyras il permesso a transitare in terra francese. E si perché, nonostante la caduta di muri e l’Europa di Scenghen le cose, in materia, erano profondamente cambiate rispetto agli anni ’80 del secolo scorso.

Occorreva poi predisporre il tracciato ad iniziare dalla individuazione della località di partenza ed arrivo. I soggetti interessati erano due ovvero i Comuni di Pontechianale e Crissolo. La scelta cadde su Crissolo anche per l’indisponibilità manifestata dal Comune varaitino.

Il percorso individuato prevedeva la salita, da Crissolo, al Colle delle Traversette via Pian Regina e Pian del Re. Niente transito nel “Buco di Viso” in quegli anni ancora impraticabile. Proseguimento classico al Refuge du Viso, Passo Vallanta, Grange Gheit, Passi San Chiaffredo e Gallarino, Pian del Re e Crissolo.

Per espresso volere dell’Ente promotore si pensò anche ad un percorso più breve ed a una “camminata” per fare in modo che la manifestazione sportiva coinvolgesse il maggior numero di persone possibile.

La “guida” tecnica venne affidata alla Podistica Valle Infernotto che costituì un Comitato Organizzatore con all’interno le Associazioni che avevano dato la disponibilità a sostenere l’iniziativa: il Cai Sezione Monviso di Saluzzo, gli Amici del Po di Villafranca, la Pro Loco di Crissolo, i “Pisteur” divenuti oggi Salvamento Monviso, la Podistica Valle Varaita, il Cai di Barge, lo Sci Club Monviso e l’u.s. Sanfront Atletica. Hervè Tranchero, la storica guida e gestore del Rifugio Quintino Sella non poteva non essere della partita!

A quel punto non rimaneva che individuare la data, 1 Settembre 2013, ed il nome della manifestazione: TOUR MONVISO INTERNATIONAL TRAIL per la distanza più lunga, TOUR MONVISO RACE per la distanza più breve e TOUR MONVISO WALK per gli appassionati di camminate.

Il lavoro organizzativo partì fin dal mese di Novembre 2012 sulle ali dell’entusiasmo ma una brutta sorpresa attendeva gli Organizzatori! Il fattaccio successe nella francese Ristolas ed era l’8 giugno 2013…

Carlo Degio

DAL GIRO DEL MONVISO AL TOUR MONVISO TRAIL -6-

“TRA I FRANCESI CHE SI INCAZZANO”

L’OTTO GIUGNO DI RISTOLAS, IL GIRO “VIETATO” E LA “SCOPERTA” DEL PASSO CALATA’

Pare strano ma ciò che fu possibile in tempi di dogane e frontiere (fine anni ’80) divenne impossibile nell’Europa di Shengen!

Il progetto era partito sulle ali dell’entusiasmo ancorché, causa soprattutto l’indisponibilità di Pontechianale, occorresse riprogettare il tutto prevedendo l’innovativa partenza ed arrivo a Crissolo in alta Valle Po.

La data, come già scritto, era definita nella domenica 1 settembre rispettando la fine della stagione turistica ed anticipando la “sacra” fiera di San Chiaffredo.

Il tracciato, descritto al precedente “racconto”, prevedeva il transito in terra francese essendo impossibile effettuare in giro del Monviso (in forma escursionistico / sportiva) senza superare la frontiera. A tale fine il Parco del Po Cuneese, titolare della manifestazione sportiva, aveva provveduto in tempo a chiedere (ed ottenere) l’autorizzazione al transito da parte del francese Parco del Queyras. D’altra parte gli stessi sentieri sono percorsi da migliaia di escursionisti ogni anno…

Tutto chiaro, scontato ed organizzato, dunque, senonché nei primi giorni del mese di Giugno, a organizzazione ampliamente avanzata, giunse una missiva dalla terra francese a nome della “Réserve Naturelle Nationale de Ristolas” contenente una convocazione nella sede della Réserve per il giorno 8 Giugno con l’obiettivo di valutare l’impatto ambientale del transito della manifestazione sul territorio di loro esclusiva competenza pur essendo inserito nel più territoriale Parco del Queyras.

A me, direttore di gara e momentaneamente impegnato in una vacanza in terra sarda, giunse una telefonata “ufficiosa” che mi annunciava l’infausto esito della riunione francese: le autorità non autorizzavano il transito del Tour Monviso Trail nel tratto di loro competenza (Passo Traversette – Passo di Vallanta)! Tradotto in termini reali: il Tour, così come progettato, non si può fare! Giunse poi anche la telefonata ufficiale dell’ovviamente preoccupatissimo Direttore del Parco del Po Cuneese sorpreso dal cambio di opinione dopo l’assenso del Parco del Queyaras…

La motivazione ufficiale fu il non avere ancora previsto (l’Ente francese) un dispositivo di regolamentazione delle manifestazioni sportive sul proprio territorio ma appariva chiaro che la risposta formale era una “copertura” ad un diniego che partiva da altre motivazioni. E’ interessante raccontarle, queste ultime, attingendo ai fondati ricordi dei presenti all’assise…

La convocazione non riguardava solo il Tour Monviso Trail ma anche la “Iron Bike” che intendeva transitare, nella edizione 2013, sullo stesso territorio in senso opposto con mountain bike, moto di servizio ed elicottero per le riprese e l’assistenza. Fu questa manifestazione a creare i problemi di natura ambientale che portarono al diniego che, per non creare “figli e figliastri”, venne esteso anche ad entrambe le manifestazioni! Conseguentemente, l’Iron Bike deviò dal Rifugio Vallanta verso il Passo San Chiaffredo ecc… mentre per il Tour Monviso Trail fu completamente stravolto nella sua essenza ovvero effettuare il Giro del Monviso!

“Che fare?” In questo caso non si tratta della celebre opera politica di Lenin di inizio ‘900 ma del quesito che assalì il Comitato organizzatore a fronte del diniego francese! La tentazione di fare cadere il progetto fu grande; furono analizzate anche idee piuttosto ardite se non impraticabili al fine di realizzare ugualmente la manifestazione del tipo “invece del Passo Traversette saliamo direttamente il Passo Due Dita…”. Superato lo sconforto iniziale prese consistenza una idea originale: trasformare il Giro “del” Monviso nel Giro “nel” Monviso! Un tracciato che mantenesse le difficoltà tecniche ma che si sviluppasse interamente sul versante italiano.

Nacque così un percorso spettacolare sotto lo sguardo costante del Monviso: partenza ed arrivo sempre a Crissolo ma, dal Pian del Re salita al Rifugio Giacoletti, transito al Rifugio Quintino Sella, Passo San Chiaffredo, Rifugio Bagnour, Vallone dei Duc, Passo Calatà e transito al Rifugio Alpetto. Distanza e dislivello invariati ma quel Passo Calatà quante sofferenze avrebbe prodotto Domenica 1 settembre, la data individuata per la ripresa…

Carlo Degio

DAL GIRO DEL MONVISO AL TOUR MONVISO TRAIL -7-

DOMENICA 1 SETTEMBRE 2013 – A CRISSOLO PRENDE VITA LA CREATURA DEL PARCO DEL PO CUNEESE

Uno scenario incomparabile ed il respiro del Monviso sui 325 iscritti e…chi se non Paolo Bert e Daniela Bonnet alla “prima” del Tour Monviso Trail?

Nato come Tour del Monviso e divenuto, per cause esterne (benedette!), Tour nel Monviso ha fatto il suo esordio, in terra crissolina, il TourMonvisoTrail. La sorte (leggasi: i divieti francesi) ha “costretto” gli organizzatori ad una felicissima scelta: rinunciare al Queyras e sviluppare l’intero percorso in territorio italiano scoprendo scenari montani incomparabili alcuni dei quali sconosciuti ai più.

Complice una giornata inaspettatamente perfetta dal punto di vista meteo, il “Re di Pietra” per una volta almeno non ha fatto il timido ed ha potuto assistere, dai suoi 3842 metri di quota, all’opera allestita dai 325 iscritti che alle 6 del mattino già popolavano Crissolo, comune montano in alta Valle Po di sole 162 anime.

Due le proposte agli appassionati:

Il Tour Monviso Trail molto “muscolare” sulla distanza di 43 Km (il notaio afferma 43,5) con dislivello di 3060 metri più o meno precisi.

La Camminata Piccolo Tour sulla distanza di 20 Km e circa 1400 metri di dislivello.

Sono stati 325 gli appassionati che hanno risposto all’appello della “prima”: un numero inaspettato se si pensa che la manifestazione è nata nel mese di marzo ed ha avuto pochissimo tempo per crescere!

Alla partenza 290 hanno confermato l’impegno: 202 sulla lunga distanza ed 88 sulla breve.

La sintetica cronaca: In otto si sono presentati al primo controllo del Pian del Re: Paolo Bert (La Sportiva) in meno di 40 minuti seguito da Danilo Lantermino (Lafuma), Massimo Depetris (Valle Infernotto), Claudio Garnier (Valetudo), Maxim Ioan (Valle Varaita), Fabio Cappelletti (Genzianella), Wilhem Bonato e Franco Aglì (Angrogna).

La gara si è fatta più selettiva al passaggio tecnico del Coulour del Porco dove Paolo Bert, transitato al Rif. Giacoletti in 1 ora e 15 minuti, ha acceso i motori ed ha allungato la fila dei migliori: a resistergli da vicino Lantermino, Garner e Depetris.

Dicesa e risalita al Quintino dove il vantaggio di Paolo Bert (1.57 circa il passaggio) si è fatto più consistente: quattro i minuti di vantaggio su Lantermino, 8 su Claudio Garnier e 12 sulla coppia Maxim – Depetris.

Il successivo passaggio al Bagnour ha scavato un solco anche nel gruppo dei primattori: ancora Bert a fare la gara (passaggio in 3 ore e 4 minuti circa) con Lantermino a 4 minuti, Garnier a 12, Ioan a 16 ancora   Depetris. Sulla testa della gara, complice una discesa con i fiocchi, si è affacciato Fabio Cappelletti in compagnia di Franco Aglì.

Il vallone dei Duc con annesso Passo Calatà (2940 mt.) ha fatto ulteriore selezione con Bert che ha segnato la differenza transitando al Passo S. Chiaffredo in 4 ore e 14 minuti. A seguire Lantermino (14 i minuti di distacco), Garnier (20 minuti), Ioan Maxim (27 minuti), Depetris (31 minuti), la new entry Domenino Massimo (33 minuti) e Cappelletti (35 minuti).

La discesa finale (14 Km) ha registrato la marcia trionfale di Paolo Bert fino al traguardo di Crissolo (5 ore 15 minuti e 30 il suo tempo/record), il forte recupero, in termine di tempo e non di posizione, di Claudio Garnier su Lantermino, complice un leggero infortunio di quest’ultimo sulla parte più facile del tracciato, il ritiro di Massimo Depetris e l’exploit di Massimo Domenino autore di una prova costante ed autorevole che lo ha condotto a ridosso delle prime posizioni.

Le protagoniste femminili sono state 28 con il dominio assoluto di Daniela Bonnet (GASM Torre Pellice). La sua forza l’ha dimostrata conquistando la 14 piazza assoluta in 6 ore 27 e spiccioli. Protagonista di decine di vittorie in manifestazioni simili scrive il proprio nome nell’albo d’oro accanto a quello del vincitore maschile Paolo Bert. Si attendono circa 55 minuti per registrare l’arrivo della forte atleta cuneese Sara Marino (Dragonero). Distacchi notevoli anche per le altre protagoniste: Stefania Albanese (ASD Star – 8.00.38) e Sandra Casellato (SD Baudenasca 8.02.27).

Questa la fredda cronaca dello svolgimento della manifestazione sportiva fatta da chi non l’ha vissuta in prima persona. C’è, però, chi la vissuta “dal di dentro” ed ha voluto raccontarla. Un coinvolgente ed avvolgente racconto lungo quanto il TourMonvisoTrail ma capace di fare vivere, a chi avrà la pazienza di leggerla fino in fondo, le sensazioni e le emozioni che solo l’incontro con il Monviso sa produrre:

L’autrice si chiama Giancarla Agostini ed alla prossima puntata ci farà danzare al cospetto del Re di Pietra…

Carlo Degio

DAL GIRO DEL MONVISO AL TOUR MONVISO TRAIL - 8 -

UN RACCONTO / ROMANZO DI GIANCARLA AGOSTINI – LUNGO QUANTO IL T.M.T. MA NE VALE LA PENA!

Detto dei protagonisti assolutamente competitivi della “prima”, sia pure in versione sovranista, lascio la penna ad una protagonista in puro “spirito Trail” che ci va vivere le emozioni e fatiche dei più…

Solo io posso esser capace di cotanta idiozia. Imbecille, imbecille, imbecille: imbecille al cubo. Solo io posso dare appuntamento all'uomo più bello e fascinoso che si sia mai visto sulla faccia della Terra, in una città, ad un indirizzo e ad un'ora che ho deciso io stessa, e riuscire a non trovarlo. Solo io posso mettermi a girare in auto come una trottola alle quattro del mattino, senza capir più nulla, in preda al panico, in un paese che conosco come le mie tasche, mentre il tapino continua a ripetermi al telefono che lui è proprio lì dove gli ho detto di trovarsi... Che per giunta è l'indirizzo di casa di mia sorella! Solo io posso perdere del tutto il lume della ragione, lasciarmi assalire dal terrore di non arrivare in tempo alla partenza della gara – fissata due ore e mezza dopo, in un luogo raggiungibile da qui in mezz'ora – e concludere desolata al telefono "meglio che ci troviamo là", dove "là" sta per Crissolo... Tra il buio e le lacrime di rabbia e vergogna che cerco invano di ricacciare indietro, guidare fin lassù diventa un'ardua impresa. Fa brutti scherzi la tensione pre gara: beh, forse, ad essere del tutto sincera, non è tutta colpa della gara... In ogni caso, lo è in buona parte. Sono giorni che penso a questo trail ed alla possibilità di provare ad affrontarlo, per una volta, in modo un po' più deciso del mio solito. Però, cavolo... Manco la mia fosse una lotta per il podio! Ad andar bene, la mia vittoria sarà riuscire a rientrare entro il tempo massimo...

Il meraviglioso è già arrivato. Vorrei potermi seppellire sotto una tonnellata di terra, per non dire altro... Sono un'incommensurabile idiota. Lo so da tempo, di essere un'incommensurabile idiota, solo che ogni tanto cerco di dimenticarmene... Ma poi capita qualcosa che mi riporta brutalmente alla consapevolezza. Quasi non oso scendere, è lui che si avvicina alla mia auto e cautamente bussa, con la faccia di uno che ha il dubbio di avere a che fare con un pazzo alla Jack Lo Squartatore, con sembianze femminili però. Rassegnati, Gian. Anzi, rassegnati, Gianca, così almeno evitiamo confusioni, visto che è un Gian pure lui. Non hai difesa... Tantovale che ti accetti per quel che sei. Un'idiota. In fondo lui è un animo buono, non te lo fa neanche pesare.

Sono le cinque o poco più, si parte tra due ore. Le volontarie sono già ai posti di combattimento per distribuire i pacchi gara: pettorale, chip ed un'infinità di cose buone, dalle merendine al succo di frutta alla confettura... E, luce dei miei occhi, una bellissima maglia tecnica da indossare alla pelle, di quelle che non restano bagnate, una meraviglia. Caffè e quattro parole, mentre in piazzetta, al buio, fervono i preparativi per il via. Ma io qui non resisto, preferisco la solitudine: rintanarmi in auto e cercare un recupero di sonno che tanto non arriverà; controllare mille volte il marsupio e l'equipaggiamento. Per oggi, visto che 43 km sono una distanza abbastanza contenuta, ho deciso di "osare": niente zainetto, solo il bel marsupio che ho ricevuto nel pacco gara del Tartufo Trail, niente bastoncini e niente borraccia. La mancanza d'acqua al seguito non mi preoccupa, sia perché di solito bevo pochissimo, sia perché lungo l'itinerario si trova acqua quasi ovunque. Rinunciare ai bastoncini invece è un azzardo.

Il brulichìo di atleti ed accompagnatori cresce e, con esso, la mia agitazione. In auto non resisto più: prendo il marsupio, mi lego le scarpe, esco. Decido per una cioccolata, ancora: peccato che il portafoglio sia rimasto in auto... Altra corsa, vai, torna; meno male che Crissolo è un paesetto grande un pugno e le distanze sono minime... La barista deve aver avuto più o meno la stessa impressione di me del pover'uomo bellissimo.

Finalmente arrivo alla partenza, intruppata tra decine di altri corridori. Ne conosco tanti e quasi non ne riconosco nessuno, per la tensione che mi annienta anche quel poco di vista da miope. Beh no, il bellissimo lo riconosco, meno male che decide prudentemente di allontanarsi... Ci manca anche che mi si surriscaldi l'ormone, già peraltro discretamente agitato, e sono a posto. Capace che percorro il giro al contrario. L'attesa per la partenza mi sembra eterna...

Il via esorcizza tutte le mie paure. Parto di corsa, sì, proprio così. Non l'ho mai fatto, anzi, me ne sono sempre ben guardata... E invece oggi parto di corsa. Supero il bivio con la strada asfaltata di Pian del Re e seguo la massa su per il sentiero che si stacca sulla sinistra, oltre il ponte. Saliscendi in mezzo al bosco, sentiero ora strettissimo ora quasi una strada; foglie verdi, acqua ovunque, intorno ancora tanto fiato per chiacchierare. Il fiato è corto, ma non come pensavo. Calma. Ce la faccio: non devo esagerare; correre sì, ma senza strafare; piano, regolare, un po' più lenta di quel che mi sento. Piano, concentrata, non inciampo. Brevi discese, strappi in salita: un percorso nervoso ed irregolare che ci porta a sbucare a Pian della Regina, proprio di fronte alla Baita della Polenta. Un pastore ci osserva, evidentemente perplesso per i nostri visi stravolti: in un bel piemontese di montagna, osserva "Ma, se andassero un po' più piano, faticherebbero meno...". Come dargli torto?

Un bicchiere di the e si riparte, destinazione Pian del Re. Accendo il lettore Mp3, cuffie nelle orecchie. Si comincia con le note di Cher. Il sentiero sale blando fino al pianoro; non ci sono più alberi intorno, solo prato, rocce e tane di marmotta. Poi s'inerpica tra rocce e pietrisco per superare il salto della cascata: tornantini stretti e strappi secchi. Sono ancora in mezzo alla massa: mi compiaccio, di norma a quest'ora sarei già rotolata in ultima posizione o quasi... Altro ristoro idrico, altri due bicchieri di the al rifugio: altra partenza, guai a perdere tempo. Arrivo di corsa al sentiero che sale al Colle Traversette: dobbiamo percorrerne un buon tratto, prima di imboccare a sinistra la traccia per il Rifugio Giacoletti. Calma Gian che scoppi... Calma che scoppi... Ma stavolta non ce la faccio. Mi prendo una lepre di riferimento, la inseguo, ne scelgo un'altra ed inseguo ancora... Ci sono un bel sole ed il Monviso sopra la mia testa, ma io non ho ancora alzato gli occhi da terra.

Il primo bivio è il nostro. Ci ritroviamo su per una vera salita da capre: prima sentiero stretto e molto ripido, poi sentiero ancor più ripido, dove usare le mani, dove salire facendo un passo avanti e due indietro. Salgo bene, supero gente, mi gaso a dismisura: va a finire che prima o poi scoppio... La salita non molla, supera una balza dopo l'altra; ci vuole un bel po' perché il colle si individui contro il cielo, là dove sventolano le bandierine del rifugio, ed un altro bel po' per arrivarci. Nonostante manchi l'aiuto dei bastoncini, per ora le gambe sono ben reattive. Ma sarò capace di correre in discesa? Quello non l'ho proprio mai mai fatto...

Al ristoro del Rifugio Giacoletti, breve pausa a base di pane, marmellata, formaggio e barrette Kinder, un orribile misto che a me però sembra manna dal cielo. Alzo il volume della musica e mi fiondo in discesa: il minimo che possa aspettarmi è di sfasciarmi la faccia al primo salto... Invece no: riesco a correre, a saltare, ad appoggiare sicura, e pazienza se mostro la leggiadria di un cinghiale intasato. Mi lascio persino qualche avversario indietro. La conosco, questa discesa, so che non è uno scherzo. Eppure in breve arrivo in vista del primo lago e poi del secondo: non so mai quale dei due sia il Fiorenza... Breve risalita e ancora giù, a valanga; sono ancora in piedi e non me ne capacito... Merito delle scarpe, questo è poco ma sicuro... Ma non solo!

A ruota di alcuni colleghi, mi ritrovo sul sentiero che sale al Rifugio Quintino Sella. Si torna a lottare contro la gravità, eppure oggi mi sembra tutto troppo facile... Prendo il mio passo, mani dietro la schiena e su, un piede avanti all'altro, poco poco ma inesorabilmente. Gentilissimi, gli escursionisti si fanno sempre da parte, salutano, incitano. Risaliamo la pietraia: anche da qui, la vista sul Monviso sarebbe uno spettacolo... Se solo si alzassero gli occhi da terra. Un'altra volta, magari, adesso bisogna andare. Inseguo Domenico, già sorpassato in discesa, che mi ha appena risorpassata: è un onore riuscire a restare nei paraggi di un personaggio che corre la maratona in tre ore ed un quarto... Per adesso, è lui il mio riferimento.

Anche la pietraia... Mai affrontata così. Di solito è il mio spauracchio. Ma non oggi. Scollino in vista del lago: sul tratto in piano e leggera discesa, metto le ali ai piedi. Lo so, son sicura che, non appena le gambe cominceranno ad accusare la stanchezza, ruzzolerò per terra. Ma Gian, non fasciarti la testa prima d'essertela rotta... Provaci! Alla peggio, poi, scoppi...

Al Quintino Sella, ottimo ristoro e tanta gente venuta fin su a vedere la gara. Mi strafogo di barrette Kinder e bicchieri di sali, tutta contenta d'essere ancora in buona posizione, che per me significa non proprio ultima e reietta. Pochi istanti e via: da qui al Passo San Chiaffredo, è corribile. E questa volta devo correre. Mi fiondo, infatti: non mi capacito di quanto le gambe siano sciolte ed ubbidienti, oggi. Che sia l'effetto degli ormoni in circolo? Ma allora devo prenotare l'assistenza del bellissimo a tutte le gare possibili ed immaginabili future... Devo ordinargli di piazzarsi ignudo nei punti strategici dove per me è più probabile andare in crisi!

Un salto dopo l'altro, in lontananza torno a vedere Domenico, che però ha una falcata assassina. Lo inseguo, ma senza riuscire ad accorciare la distanza. In compenso, come previsto, arriva il primo capitombolo. Meno male che la salita riprende, almeno un po', fino al Passo Gallarino: la testa comincia a girare... Devo dare il tempo alla pappatoria di entrare in circolo. Brividi: sarà stanchezza o il freddo quassù? Siamo quasi a quota 2.800 m dopotutto. Il sole comincia a velarsi, qualche nuvola qua e là. Quanta gente a fare assistenza ai corridori: nugoli di angeli custodi dappertutto! Mi salutano al Passo Gallarino. Via, di corsa verso il Passo San Chiaffredo: è proprio lì, nel tratto in piano che scorre accanto al laghetto, che riesco finalmente a raggiungere il buon Domenico. Mi sento un po' carogna: questa volta sono io a sfruttare l'altrui difficoltà in discesa... Ma io oggi ho nelle vene un doping tutto naturale e potentissimo. Mai e poi mai mi sarei sognata di affrontare la discesa dal Passo San Chiaffredo verso la Val Varaita così. Di corsa! C'è da dire che un gran vantaggio arriva, inaspettatamente, dalla mancanza dei bastoncini... E soprattutto dello zaino. Il senso di libertà di movimento, quando ho la schiena libera da pesi, per me è impagabile. Basta anche uno zainetto piccolino e leggero a darmi fastidio...

Sono davvero tanti gli escursionisti che salgono di qua. Mi sembra, ogni tanto, di fender la folla. Raggiungo altri tre corridori un po' più impacciati, passo oltre, entro nel bosco, giù a perdifiato tra sassi e radici. Continuo a non credere a me stessa. Sono allibita e felice... Ma durerà?

A Plan Meyer, altro capannello di assistenti in giubba rossa. Qui si abbandona il sentiero che scende in Val Varaita e si imbocca quello che raggiunge il Rifugio Bagnur. Lo aggredisco con molta baldanza: il minimo che mi possa succedere, di conseguenza, è di appoggiare incautamente il piede su una roccia viscida, superando un torrente, e di rovinare pesantemente al suolo, picchiando proprio l'anca destra sulla pietra. Per qualche istante, non vedo e non capisco più nulla: il dolore è violentissimo, da piangere. Poi, pian piano e bestemmiando in ogni lingua nota e sconosciuta, mi rimetto in piedi: ma ci vuole ancora un po', prima di potermi raddrizzare del tutto e poter ripartire...Il dolore è forte ma, con il movimento, pian piano si attenua un po'. Brucia, anche: si vede che mi son portata via un po' di pelle. Non voglio neanche saperlo. Zoppicon zoppiconi, riprendo la corsa, un po' più incerta e preoccupata: mi sento fiacca, adesso, forse per lo spavento, forse per la fame o per entrambe le ragioni. Questo bosco, che poi è il meraviglioso bosco dell'Alevè, non finisce più e mi mette l'angoscia... Corro con meno convinzione; quasi patisco la breve risalita nel fitto del bosco. Per fortuna, il Rifugio Bagnour appare come un miraggio: desideratissimo, il ristoro.

Dalle parole di uno dei volontari, capisco che ho impiegato cinque ore e mezza ad arrivare fin qui: ed io che temevo di sforare il cancello delle sette ore... Mi concedo qualche minuto di tregua, pane, marmellata, acqua e sali: riparto, in effetti, piena come un uovo. Meno male che la salita comincia subito: novecento metri di dislivello, stavolta del tutto sconosciuti. Il Passo Calatà è ignoto: so solo che mi riporterà sul Passo Gallarino. Pare, a detta di molti, che toccherà spargere lacrime & sangue per arrivare lassù... Non riesco a rendermi ben conto di come sto. Affronto con cautela i primi passi: le gambe mi sembrano un po' tese e stanche. Passo regolare, ma già sufficiente a riacchiappare qualche avversario. E, di conseguenza, a gasarmi per bene.

Si sale per un po' in mezzo al bosco, tra pietroni e radici che impediscono di prendere una falcata regolare. Poi la quota spazza via gli alberi: resta un bel sentiero che sale su fino ad un pianoro. Superata quella balza, sollevo lo sguardo e... Davanti, un'altissima parete scura, un'infinita pietraia. Lassù... Ma dove? Mamma mia... Non ci riesco, sono stanca... E più lo penso, più mi metto a correre. Gli applausi di un gruppo di escursionisti appollaiati su una collinetta fanno l'effetto di un fiammifero su una tanica di benzina. Di qui, la salita si fa quanto più possibile cattiva: si sale sulle pietre, spesso tocca aiutarsi con le mani per restare in equilibrio, e poi su per la pietraia, il fiato sempre più corto, il petto che fa male, i muscoli che urlano. Non voglio mollare. "Ma tu sei Giancarla? Vai Giancarlaaaa", un urlo che mi dà la scossa, ancora su per la pietraia ormai ripidissima, e qui sì che vorrei i bastoncini... Com'è nera questa parete; forse è l'effetto della nebbia che incombe appena più in alto dei duemilanovecento metri del colle. Un altro volontario di guardia: "Un quarto d'ora e sei su", come, un quarto d'ora, io non ce la faccio più già adesso... Ancora pietre, ancora sforzo, mani sulle ginocchia, dai Gian forza... Non mollare... Il gruppo di volontari lassù sul colle, sempre più vicini, dai che ormai è fatta...

Scollino in un'atmosfera da film horror, una sterminata pietraia nera, la nebbia grigia, il vento freddo. Paesaggio che stride con i sorrisi e le urla entusiaste di chi veglia su di noi, quassù. Il primo tratto di discesa, beh... Sfido chiunque, a correrlo. Non c'è nemmeno un sentiero, solo una fila di bandierine da seguire alla bell'e meglio. Poi, pian piano, la faccenda migliora, anche se un paio di voli rischio di concedermeli. Altri volontari, sul pianoro: un bicchiere d'acqua, graditissimo, anche se adesso qui fa quasi freddo. Via, di corsa, lungo un sentiero finalmente bello e praticabile che, con impercettibile salita, mi riporta al Passo Gallarino senza che io quasi me ne accorga. Ha avuto coraggio, colui che ha deciso di inserire il Passo Calatà nel percorso: guai se lì fosse calata la nebbia... Hai voglia a metter bandierine: si sarebbe trovata gente sparsa per tutta la pietraia! Per fortuna, è andata bene ed è stato un fantastico colpo d'occhio.

Ali ai piedi, Gian, ormai è fatta o quasi. La salita è quasi tutta alle spalle. Il lettore Mp3 suona "The Final Countdown", mai colonna sonora fu più azzeccata. Devi proprio solo sbrigarti: possibilmente, senza schiantarti al suolo proprio adesso... Chissà, magari la meraviglia in forma di masculo è ancora a Crissolo... Chissà da quanto tempo è già arrivato, chissà se avrà pazienza.

Il sentiero verso il Rifugio Alpetto è bello, agevole, senza pendenze impossibili. Solo in qualche tratto, il pietrisco diventa insidioso. Il rumore della cascata, quando ci arrivo di fianco, è tale da coprire quasi il volume della musica nelle orecchie. Al bivio per il Quintino Sella, "cinque minuti", mi dicono: beh, forse un po' di più... Ma, curva dopo curva, alla fine anche l'Alpetto compare. Ultimo ristoro: ancora barrette Kinder, le adoro, e persino un pezzo di anguria. Un paio di minuti, non di più. Il cielo è plumbeo, le frange delle nuvole arrivano fin quasi a lambire la mia strada, ma che importa? Otto chilometri, tutta discesa, sostiene il volontario. Al che, mi metto una mano sui gioielli di famiglia, metaforicamente s'intende: quando sento dire "tutta discesa", minimo minimo c'è ancora una parete da superare con una scalata di settimo grado...

Corro lungo il torrente, sul pianoro; un po' di saliscendi e poi una splendida picchiata giù per un sentiero che scende addossato alla parete nera. Sarà questa, immagino, la Rocca Negra che non conoscevo. Nelle orecchie gli Stadio, "Un disperato bisogno d'amore". E poi... Un lunghissimo, interminabile traverso in leggera salita – altro che tutta discesa – taglia il pendio erboso, in certi punti anche parecchio ripido in caso di inopportuno volo. E poi ancora chilometri di prato da attraversare, correndo lungo il filo che delimita il confine per il pascolo dei bovini. Un tratto che, in altri tempi ed in altre circostanze, mi avrebbe gettato nel più nero sconforto per la monotonia e la difficoltà, così vicina alla fine della gara... Non oggi, sembra che le gambe non vogliano più rassegnarmi al passo. Sembra che oggi le gambe non siano le mie. Raggiungo ancora, inaudito, qualche concorrente; riesco a non farmi staccare dagli altri – pochi, inaudito – che ancora mi raggiungono. In vista di Serre Uberto dall'altra parte della valle, passiamo accanto ad un alpeggio; ancora prato, rognosissimo, tutto buche e sassi insidiosi sotto l'erba: calma Gian, mantieni il controllo... Prima o poi finirà, deve per forza finire! Infatti, finalmente, curva secca a sinistra e ci si butta nel bosco. Finalmente si perde quota. Accelero ancora, incurante delle raccomandazioni di cautela per il fondo scivoloso nel sottobosco; le voci di Crissolo: incontro ancora qualche escursionista, poi finalmente i primi tetti, l'asfalto, il ponte... Gli ultimi metri nel centro di Crissolo, l'arrivo. Confusa e contentissima, nove ore e dieci per 43 km e poco più di 3.000 m di dislivello, lungo un percorso parecchio rognoso; un'eternità, in assoluto, ma un tempo più che lusinghiero per me. Percorso splendido, tra l'altro, meglio ancora del tradizionale giro del Monviso.
Accolgo con molta gratitudine la confezione di Estathe: sono talmente suonata che quasi non riesco ad infilar la cannuccia... Poi mi avvio, un po' stordita, verso l'auto, parcheggiata proprio lì vicino. Talmente stordita che solo quando ci arrivo, mi ricordo di spegnere il lettore Mp3. Nessuna traccia della meraviglia in giro... Beh, sarà già partito. Mando un messaggio: "So che non ci credi, ma sono già qui". Incredibile dictu, è ancora nei paraggi: sta a magnà, tanto per cambiare...

Il mio desiderio più forte, in questo momento, è la doccia. Di mangiare non se ne parla. Le docce sono messe a disposizione dall'albergo sulla piazzetta: fantastico, troppo gentili! Un po' di coda e poi il meritatissimo, questa volta sì meritatissimo, scroscio d'acqua bollente sulla pelle... Somma goduria, levo via un chilo buono di polvere. Quando scendo, il portatore sano di quasi offensiva bellezza è lì al tavolino, davanti ad un bicchiere di Coca Cola: ma sì... Concediamoci ancora quei dieci minuti di contemplazione. Evidentemente deve aver deciso che non sono pericolosa, nonostante la performance psicopatica di questa mattina. Non adesso, di sicuro... Mi gira troppo la testa per essere minacciosa; ci vuole il soccorso di un caffé con lo zucchero. Mi gira per colpa della gara, intendiamoci, anche se, davanti a questo personaggino qui, qualunque fanciulla rischia qualcosa di simile alla sindrome di Stendhal... In trentadue anni di poco onorata esistenza, un simile esemplare di masculo non l'avevo ancora mai veduto, parola mia. Non me lo sarei certo dimenticato, altrimenti.

Se poi proprio mi concentro ed immagino di avere davanti un mostro inguardabile, riesco persino a passare oltre ed a concentrarmi su quel che dice: è anche simpatico, il marrano! Sette ore e mezza per lui.. Porcaccia miseria. Inarrivabile. Gnocco e pure forte, ha tutte le fortune.

OK Gian, è ora di tornare con i piedi per terra. E il deretano in pianura, a Carmagnola. Quei dieci minuti di tentativi per far partire la Zafira, che oppone strenua resistenza all'avviamento... Malgrado i commenti scettici dei viandanti, il rottamone ce la fa. Si parte: almeno fino a Paesana dovrei arrivare, è tutta discesa. Arrivo invece fino a casa, sia pure combattendo con il mal di testa, i morti di sonno al volante delle utilitarie ed il caos carmagnolese per la Fiera del Peperone. Mi restano un livido enorme, nero, sull'anca destra, e lo stupore per aver corso così come ho corso. Tra due settimane, tocca alla Valle Maira Skymarathon: e se provassi a fare il bis? Per la gara di oggi, il premio per il vincitore era il barattolone da cinque chili di Nutella, ma l'ho saputo soltanto dopo... Se il 15 settembre sarà in palio lo stesso premio, allora lotterò per la vittoria!

IL TOUR MONVISO TRAIL, SIA PURE IN VERSIONE “SOVRANISTA”, NON POTEVA CHIEDERE DI PIU’ IN TERMINI DI “REPORTAGE”.

Carlo Degio

DAL GIRO DEL MONVISO AL TOUR MONVISO TRAIL - 9 –

DOMENICA 31 AGOSTO 2014…CORRENDO SOPRA LE NUVOLE

E dopo l’odissea raccontata da Giancarla Agostini in modo coinvolgente, avvolgente e, a tratti conturbante nella precedente “puntata”, l’avventura del Tour Monviso Trail prosegue, ancora sotto scacco dei divieti francesi, riproponendosi nella stessa versione il 31 agosto 2014. Il Comunicato ufficiale post gara rendono conto di una splendida giornata, anche dal punto di vista meteo, che ha coinvolto i 364 protagonisti.

“E le stelle stanno a guardare”: Questo il primo pensiero che ha dato il buongiorno ai protagonisti, in veste di organizzatori e/o partecipanti della seconda edizione del Tour Monviso nella versioni Trail – Race e Walk. Poco importa che il pensiero sia la parafrasi del famoso omonimo libro di Joseph Cronin anzi, racconta storie del Galles, proprio la, dove Maria Chiara Parigi, ma di lei parleremo più avanti, vinse nel recentissimo 2013 la medaglia di Bronzo al Campionato Mondiale di Ultratrail. La cosa importante per tutti è stata che “le stelle stavano a guardare CRISSOLO”, in Piemonte (alta Valle Po), alle 5 del mattino di domenica 31 agosto quando il paese si preparava ad affrontare una “epica” giornata di sport di quello sport “outdoor” nel quale le condizioni climatiche sono tanto determinanti quanto sfuggenti anche alla pianificazione delle organizzazioni più efficienti!

Con una buona dose di ironia, l’organizzazione ha fatto affidamento sull’incontrovertibile tradizione che vuole che “…a Crissolo piove solo quando fa brutto” e siccome c’era bel tempo…

Archiviata la concessione divina parliamo dell’impresa che gli umani hanno allestito per la seconda volta a Crissolo per sapiente intuizione del Parco del Po Cuneese e braccia operative che facevano riferimento alla Podistica Valle Infernotto.

TOUR MONVISO anno secondo nelle versioni Trail, 43,3 x 3045, Race 27,5 x 1825 e Walk 23 x 1430: un mare di protagonisti a premiare chi ci ha creduto: 409 gli iscritti con le consuete limitate rinunce, diplomatiche e/o reali dell’ultima ora e 364 partenti (181 Trail – 113 Race – 70 Walk).

Di cronaca sportiva si deve parlare ed eccone la sintesi: tra le tante stelle presenti quella del vincitore Paolo Bert quest’anno brilla particolarmente. E’ stato l’assoluto protagonista della gara di casa dopo avere colto affermazioni in tutta Italia con la maglia della Podistica Valle Infernotto o, nello specifico, de La Sportiva che lo annovera tra i migliori delle sue fila. 5 ore 23 minuti e 22 secondi il tempo impiegato per riaffermare il suo dominio assoluto nella distanza Trail.

Il firmamento dei Campioni racconta poi del secondo posto di Claudio Garnier (5.50.53), testimonial nel mondo di un piccolo borgo di Torre Pellice (S. Margherita) ed in questa occasione accasato Valetudo. Un altro gioiello di queste parti del Piemonte che sforna campioni di sport e di umanità. Massimo Domenino rappresenta la stupenda novità di giornata. Anche lui veste il rosso della Valle Infernotto, anche lui produzione locale DOCG (Barge). Ha anche coltivato il sogno di “accarezzare le stelle” sopravanzando sua maestà Claudio nella epica salita al Passo Calatà ma poi ha dovuto ricedere la seconda posizione a metà della lunga discesa finale dove l’esperienza ha prevalso. Due piccoli minuti al termine hanno diviso i contendenti!

Si diceva, in apertura, di Maria Chiara Parigi. La campionessa del Team Tecnica, alla fine ha vinto la sua battaglia: qualche perplessità c’era, infatti, in relazione alla caratteristica tecnica del percorso di gara, particolarmente “velenoso” o “muscolare” se descritto con terminologia sportiva. La “toscanaccia”, targata Arezzo, non ha permesso ironie di sorta ed ha letteralmente preso il volo. “Le discese ardite e le risalite” in senso inverso sono state il suo pane ed il terreno sul quale ha costruito il trionfo dopo 7 ore 15 minuti ed anche 13 secondi. Era reduce da un infortunio muscolare e ieri era un test….

Dalla vicina Valle Varaita arriva invece Martina Chialvo. La scuola di Giulio Peyracchia trova sempre campioni emergenti e Martina rappresenta l’ultimo esempio del “moto continuo” della fucina della Podistica Valle Varaita. Secondo posto in 7. 40. 42”

Iscritta in “overbooking”, mancante di società di appartenenza, Nicoletta Rossetti, atleta a noi, haimè, sconosciuta ha presentato il suo biglietto da visita: lunga galoppata tra le rocce del Re di Pietra e terza posizione (7.45.50). Chapeau e torna a trovarci!

Appena più contenuta la fatica dei protagonisti in versione “RACE” laddove Chiapello Enrico (Pod. Caragliese) ha risolto a suo favore una lunga battaglia sul filo dei minuti. 3.15 37 alla fine il riscontro cronometrico davvero impressionante per le difficoltà tecniche del percorso: Enrico ha trovato la sua specialità!

Dall’Alta Valle Tanaro Michele Ravetto ha portato a Crissolo un’altra bella sorpresa nell’olimpo dei faticatori di alta quota. Meno di due minuti di distacco lo hanno separato da una prestigiosa vittoria.

Il terzo posto, davvero sorprendente, combattuto e risolto sul filo dei secondi, ha premiato l’alfiere della Val Pellice Marco Beitone (3.21.07). Prodotto di valle emigrato a Bibiana dopo una carriera da buon atleta sta assurgendo all’olimpo con prestazioni sempre più convincenti…

La “RACE” femminile ha visto protagonista Lorena Casse. La scuola è quella di Adriano Ascheris ( Atl. Susa) ma il contenuto di qualità è suo. La contesa è stata dura tra le protagoniste. Il primo posto di Lorena è maturato al termine di un lungo inseguimento alla provvisoria battistrada (sentieri) Monica Bruno Franco (Pod. Valle Infernotto) atleta, quest’ultima che quando vuole…vola! Un minutone il distacco finale. 3.54.40 contro 3.55.58 l’esito finale. Terzo posto per Romina Usseglio, atleta, forse, della Valle Sangone da dove provengono pure la terza e quarta classificata. Anche quella è terra di campioni maschili e femminili!

E dopo la “prima” anche la seconda edizione del Tour Monviso Trail è andata in archivio con piena soddisfazione di tutti anche se…in tarda serata il Torino ha sbagliato un rigore!

Carlo Degio

DAL GIRO DEL MONVISO AL TOUR MONVISO TRAIL - 10 –

DOMENICA 30 AGOSTO 2015 – IL “TOUR” DIVENTA “INTERNATIONAL” PER I 500 PROTAGONISTI

E fu così che la resistenza, persistenza ed insistenza del Parco del Po Cuneese ebbe la meglio sugli inspiegabili divieti francesi ed il Tour Monviso Trail poté percorrere i sentieri per i quali era stato progettato. Peraltro il sapiente ripristino dell’agibilità del Buco di Viso facilitò il transito degli atleti verso le lande francesi ed il Tour divenne “International” compiendo per intero il periplo del Re di Pietra!!!

Di seguito la “cronaca” del contorno:

La luna è parsa ed apparsa prepotente a giorno ancora vivo la sera di sabato 29 agosto assoluta protagonista della fetta di cielo che la natura ha riservato a Crissolo, piccolo paese collocato in alta valle Po dove quel fiume prende il via sotto l’occhio attento di una Punta denominata, casualità o ironia della sorte per alcuni, Roma nel Gruppo del Monviso.

Anche i Caprioli sentivano nell’aria qualche cosa di strano ed hanno popolato le strada di accesso alla località montana dando il benvenuto, quando ancora la notte faticava a svegliarsi, al corteo d’auto che risaliva la vallata di primo mattino domenica 30 Agosto 2015.

L’oracolo lo aveva anche predetto durante l’affollato Briefing serale della vigilia dissertando sulle “raccomandazioni tecniche” e avendo come sfondo l’immagine, rivelatasi premonitrice, di due Monarchi assoluti: il Re di Pietra ed il Re delle Fatiche montane al secolo Monviso il primo e Paolo Bert il secondo.

Crissolo, Domenica 30 agosto 2015: non occorre segnare questa data. E’ rimasta impressa in modo profondo nei ricordi degli oltre 500 attori protagonisti convocati nel nuovissimo parterre del Salone Polivalente del piazzale della Seggiovia di Crissolo appena inaugurato e dedicato alle Guide del Monviso. Lo scenario, costituito dal Monviso e dai suoi satelliti, ha ospitato la messa in scena del Tour Monviso Trail edizione 2015, divenuto al terzo tentativo finalmente internazionale con conseguente ed annessa possibilità di transito all’interno del Buco di Viso tirato a lucido dai recenti lavori di ripristino.

Un meteo da urlo ha accompagnato l’impresa. Si dirà, con una certa ragione, che per gli organizzatori è stata una bella fortuna ma si dice anche che la fortuna aiuta gli audaci e di audacia il Parco del Po cuneese, il Comitato organizzatore e le centinaia di assoluti volontari (di quelli veri, non quelli a gettone di presenza) ne hanno avuta molta!!!

Per la cronaca sportiva Daniele Zoppi mi sovrasta e cedo volentieri a lui la penna “razziando e rubando” dal suo capolavoro di cronaca nel raccontare la “Storia del Re di Pietra” che incontra il “Re dei Monti”

“Partenza quasi all’alba (ore 7) per tutti gli atleti impegnati nelle varie distanze (41.8 km, 23.3 km, più una camminata escursionistica da 20.0 km) che per gran parte di gara hanno potuto ammirare sua maestà il Monviso e le sue montagne satelliti in tutto il suo splendore grazie ad un cielo terso e senza una nuvola neanche a pagarla!

Ma veniamo agli altri protagonisti, gli atleti, che per tutta la mattina (e per qualcuno anche un po’ di più) si sono dati battaglia su prati, sentieri e pietraie. Nella gara più corta da 23 km dominio per l’atleta di Pragelato Manuel Bortolas (2h43’ il suo tempo) che precede di 3 minuti l’altleta della Valle Infernotto Massimo Depetris (2h46’). Terzo Massimo Lasina (Atl.Valpellice) in 2h52’, rallentato anche da una caduta nella lunga discesa finale. Al femminile vince Giuliana Arrigoni (Team Tecnica) il 3h46’. Vittoria quasi al fotofinish in questo caso perché Elisa Galliano (Pod.Buschese) giunge sul traguardo con soli 7 secondi di distacco, cosa certo non usuale in gare del genere. Completa il podio Elisa Varano (Trail Team Andrate).

Ma ora veniamo alla gara regina e cioè il vero e proprio Tour del Monviso da 42 km. Qui si rischia di essere banali ma non ci sono veramente più parole per raccontare le sue imprese. Si parlava prima di Re raccontando del Monviso. Re in quanto il più grande, Re perché domina tutte le altre montagne circostanti, Re perché nessuna montagna a perdita d’occhio è alta come lui. Per trovarne una più alta bisogna spostarsi altrove, molto molto lontano. Ecco, Paolo Bert per me è il “Monviso” della corsa in montagna. Ancora lui infatti a dominare l’ennesima gara, a compiere l’ennesima impresa. E oggi non era certo impresa facile: ai nastri di partenza infatti c’era il mitico portacolori del Team Salomon Marco Gazzola, fortissimo atleta sulle lunghe e lunghissime distanze nonché esempio di sportività e persona stupenda. Per parte del percorso Paolo e Marco hanno viaggiato di pari passo, ma poi Paolo ha avuto la meglio giungendo sul traguardo con lo straordinario tempo di 4h39’ alla media di 9 km/h (e chi fa corsa in montagna con questi dislivelli sa cosa vuol dire!). Marco arriverà dopo circa 6 minuti (4h45’). Completa il podio l’atleta della Valetudo Claudio Garnier (anche per lui un plauso per la costanza incredibile di risultati in gare di altissimo livello!) in 5h10’. A seguire Claudio Del Grande (5h19’) e Danilo Lantermino (5h23’). Al femminile conferma la vittoria dello scorso anno dimostrandosi molto forte su queste distanze Daniela Bonnet il 6h10’ che precede nell’ordine Martina Chialvo (Vallevaraita - 6h20’) Arianna Regis (6h21’) Chiri Cinzia (Atl.Valpellice – 6h34’) e Sara Marino (Atl.Dragonero – 6h45’)”.

Carlo Degio

DAL GIRO DEL MONVISO AL TOUR MONVISO TRAIL - 11 –

UNA GIORNATA SPETTACOLARE SALUTA LA NASCITA DEL PARCO DEL MONVISO

IL “RE” E’ NUDO: NON UNA NEBBIA A VELARNE LA VISTA!!!

Paride Cavallone, Elisa Grill, Silvia Serafini vincono e Paolo Bert trionfa!

La fortuna aiuta gli audaci? Affermazione del pensiero debole che non tiene conto che l’audacia di coraggiosi organizzatori talvolta viene sepolta dall’imponderabilità meteorologica.

La fortuna del meteo favorevole crea una bella giornata ma se non ci fosse l’immane lavoro organizzativo resterebbe tale senza tradursi in una straripante giornata di sport.

E se il meteo, come le persone, bisogna prenderlo com’è, l’audacia degli organizzatori va costruita.

Su questo terreno hanno dato piena dimostrazione di efficienza le numerose Associazioni e liberi volontari che hanno operativamente realizzato la più importante iniziativa di carattere sportivo ed ambientale messa in campo dal Parco del Monviso confermando una felice intuizione nata, nel 2013, sotto il regno del Parco del Po Cuneese.

La concorrenza era forte, nella domenica 28 agosto 2016, data prescelta per il rito del Tour Monviso Trail: a Chamonix era in pieno svolgimento la celebrazione dell’U.T.M.B. nelle sue varie formule, a Susa i cosidetti “Master” si sono contesi il “titolo mondiale” di specialità e c’era chi temeva che il Monviso ne fosse penalizzato.

“Lui”, il re di Pietra, ci ha messo del suo con il vestito buono della festa e ben 508 (562 gli iscritti) appassionati hanno danzato al suo cospetto nelle tre formule previste:

235 sul classico giro “del” Monviso (Trail), 153 nel tracciato più breve che del Monviso ha sentito il respiro (Race) e 120 appassionati di cammino sul rivoluzionato percorso Walk.

Come di consueto tanta partecipazione regionale ma grande presenza di atleti dalle regioni alpine includendo tra queste anche la marina liguria che ha condotto a Crissolo una foltissima delegazione.

Non sono mancati gli stranieri a caccia di punti (3) indispensabili per la partecipazione futura alla U.T.M.B.: Francia, Svizzera, Belgio, Lituania, Germania presenti. Presente anche la Danimarca con due atleti attardati alla partenza per mancato adeguamento dei loro orologi alla italiana ora legale….

La cronaca sportiva di giornate come quella vissuta a Crissolo è complessa perché nella filosofia dello sport in versione “Finischer” ognuno porta a casa una propria vittoria ed un pieno di emozioni inenarrabile dalla penna (oggi divenuta tastiera) del cronista. Allora ci si ferma alla “superficie” del fatto sportivo raccontando le gesta dei migliori che con le loro imprese incidono la memoria della “gente” e le pagine dell’Albo d’Oro.

Ed a Crissolo Paolo Bert ha scritto l’ennesima pagina del suo libro (oramai una enciclopedia) di celebrato campione.

A 38 anni suonati appena qualche giorno fa il “Diavolo Bert”, denominazione coerente con l’emblema della sua società sportiva Podistica Valle Infernotto, vive una delle migliori stagioni agonistiche da sempre e, dopo avere demolito di oltre 10 minuti il record della ossolana sky race La Veia domenica 21, ieri ha trionfato sulla distanza piena (43,3 Km e 3045 mt di dislivello +) con un tempo inimmaginabile dagli “umani”: 4.35.40. Non che sia stata una sorpresa la sua vittoria: lui, che ha Crissolo ci trascorre le ferie, quando al mattino esce per quattro passi sale il Monviso e torna per colazione. In gran parte previsto il trionfo, dunque, ma non che riuscisse a rosicchiare circa 5 minuti al record del percorso, peraltro già di sua proprieta!

Dal veneto è venuta a rendere onore al Monviso la protagonista femminile: Silvia Serafini.

Prova superlativa, la sua, su sentieri sconosciuti per lei. Lo scorso anno la protagonista fu la “locale” Daniela Bonnet e ieri Silvia è andata molto vicina al tempo realizzato dalla forte atleta Angrognina: 6.06.55, due minuti appena sopra il record femminile del percorso.

Paride Cavallone si è cimentato sulle difficoltà tecniche più contenute della “Race”: 23,3 km e 1834 mt di dislivello. Alfiere di una recente formazione sportiva, la Apple Run del cavourese Isoardi, nata, peraltro sui pianeggianti percorsi che circondano la Rocca di Cavour, rappresenta un nome nuovo ed una gradita novità nel panorama dei faticatori di montagna. Il suo tempo finale di 2.51.27, circa 7 minuti dal record del tracciato, rappresenta un ottimo inizio di carriera tra i tecnici sentieri dei monti.

Graditissima sorpresa nella versione femminile sulla stessa distanza. Non che “lei” non fosse abituata ai successi sportivi: componente della nazionale italiana e vincitrice di titoli nazionali di specialità al punto tale che l’agonismo era divenuto persino troppo ingombrante con conseguente quinquennale stop agonistico. Solo che la specialità era “altra” come non poteva che essere per una Pralina, intesa come abitante di Prali (To) e non come un dolce confetto: lo sci di fondo.

Il suo rientro nello sport meno esasperato l’ha vista arrancare per qualche mese alla ricerca dei giusti stimoli e ieri il primo successo di una nuova carriera: Elisa Grill, nella vita poliziotta e nello sport rinata protagonista: il crono è beneaugurante: il suo 3.22.58 affossa letteralmente il 3.46.41 sulla stessa distanza realizzato dalla Arrigoni nella edizione 2015.

Come vuole lo “Spirito Trail” in queste manifestazioni ognuno è vincitore in proprio e lo è stato anche il Parco del Monviso, che con la collaborazione tecnica della Podistica Valle Infernotto ha realizzato la manifestazione. L’obiettivo principale era la promozione del territorio Mab Unesco che circonda il Monviso e sicuramente, da ieri, il Re di Pietra ha qualche amico in più.

Carlo Degio

DAL GIRO DEL MONVISO AL TOUR MONVISO TRAIL - 12 –

Al TOUR MONVISO TRAIL IL RE DI PIETRA SI INCHINA ALLO STRAPOTERE DI PAOLO BERT E DANIELA BONNET

MARCO BERGO ED ERICA GHELFI ASSOLUTI PROTAGONISTI SULLA DISTANZA PIU’ “BREVE”

L’invenzione sportiva del Parco del Monviso ha registrato il record di partecipanti.

La natura sa creare giornate davvero stupende, sotto il profilo meteorologico, ma senza l’apporto organizzativo dell’uomo rimarrebbero “solo” delle belle giornate ed invece si trasformano in indimenticabili eventi sportivi. Gran bel tempo, a Crissolo, domenica 27 Agosto 2017. Forse la migliore giornata dell’intera insistente e persistente estate!

La mole incombente del Monviso si è presentata in tutta la sua imponenza allo sguardo dei 566 protagonisti della edizione 2017 del Tour Monviso nelle varianti Trail (229), Race (203) e Walk (134). Appassionati di fatiche montagne in rappresentanza delle valli italiane dell’intero varco alpino e con loro tedeschi, francesi e finanche polacchi a godere la spettacolare recita del “Re”.

La monumentale opera sportiva, nata sotto le insegne del (fu) Parco del Po Cuneese e fatto proprio convintamente dall’attuale Parco del Monviso del Presidente Gianfranco Marengo ha vissuto, a Crissolo (CN), la sua 5° edizione sotto la regia tecnico – organizzativa della Podistica Valle Infernotto e con il supporto indispensabile di una decina di Associazioni in termini di volontariato ai quali si sono aggiunti i graditissimi volontari “senza fissa dimora”.

Strepitoso Paolo Bert (Podistica Valle Infernotto) che mette il 5° sigillo (en plein) sulla distanza più impegnativa; vale a dire i 43 km che, partendo dalla stupenda location del piazzale della seggiovia girano attorno al Monviso, in senso antiorario, con 3066 metri di dislivello. La sua lunga cavalcata si è conclusa in 4.38’11”. Non che la sua impresa abbia avuto vita facile: al suo inseguimento si è portato costantemente Manuel Bortolas da Pragelato che ha tenuto sotto pressione il campione per eccellenza durante tutta la gare. Seconda posizione finale per il rappresentante della Podistica Torino con il tempo di 4.47’05”. Danilo Lantermino, storico rappresentante della gloriosa Podistica Valle Varaita completa il podio in 4.55’17”

Anche la pari classifica femminile impone la sua “Regina”: lei di Tour Monviso Trail ne ha vinti tre, con il presente! Daniela Bonnet (S.C. Angrogna) ha letteralmente polverizzato (meno otto minuti circa) il già suo miglior tempo sulla distanza fissando il crono su 5.57’39”. A stimolare l’ “impresa” la presenza appaiata fino a metà gara, di Elisa Grill, atleta proveniente dalle fila dello sci di fondo nazionale che si propone al mondo dei faticatori delle corse montane. E’ sicuramente lei l’atleta maggiormente soddisfatta del proprio crono e posizione: 6.13’34 e seconda posizione assoluta per la neo rappresentante della Podistica Valle Infrenotto! Al traguardo, in terza posizione, è arrivata l’esperta Maria Giovanna Cerutti, ambasciatrice in Valle Po di quel Carlo Chiara Rettore dell’università delle fatiche montane della vercellese Valsesia.

Più breve, ma non meno tecnica ed affascinante, la formula Race: tradotta in italiano il “Giro nel Monviso”, variante altamente spettacolare del “Giro del Monviso” che caratterizza la formula Trail. Lo spettacolo cui assistono i protagonisti uscendo dal Couloir del Porco al Rifugio Giacoletti è di una bellezza e severità affascinante: la parete Nord del Monviso ed il contorno di spettacolari punte variamente denominate invitano, più dell’abbondante ristoro, ad una pausa di filosofica osservazione.

Sulla distanza Race si sono registrate strepitose sorprese dal punto di vista agonistico: l’eroe maschile di giornata si chiama Marco Bergo: non è possibile mettere tra parentesi la Società di appartenenza semplicemente perché non esiste. Potenziale atleta di gran classe che non ha mai coltivato, finora, l’ambizione agonistica preferendo il vivere la montagna senza pettorale ma quando “ci prova” son dolori per gli avversari. Vince facile Marco concludendo la Race in 2.44.22. Occorrono circa 10 minuti per dare seguito, completandolo, al podio maschile. Una indecisione ai 500 metri finali costa al giovanissimo Carle Daniele la seconda e la terza piazza. Tre “furie”, infatti, scendono praticamente appaiate, l’ultimo chilometro. L’espertissimo Odino Taziano (S.C. Angrogna) sfrutta le sue straordinarie qualità di discesista e chiude in seconda posizione in 2.53’50. Appartiene alla numerosa equipe fossanese di Sportification Andrea Fornero, il terzo atleta classificato in 2.54.38.

Le presunte sorprese nella Race non finiscono con il racconto della gara maschile perché nella pari competizione femminile una stratosferica Erica Ghelfi (Cral Inps Asti) si presenta al pubblico di appassionati. Sorpresa presunta perché l’astigiana è (ancora) poco conosciuta dai più ma chi segue con attenzione l’ “evoluzione della specie” nel settore ha già avuto modo di conoscerla e apprezzarne le grandi doti atletiche.

Erica vince, o meglio, stravince in 3.14’25”. A contenderle la vittoria ci ha provato l’esperta atleta francese Severine Bovero che al traguardo paga circa 15 minuti di ritardo dalla battistrada. Ancora 15, ma in questo caso secondi, e giunge al traguardo l’altra Ghelfi che di nome fa Francesca e nella vita la sorella della vincitrice.

Prestigiosi e fortemente innovativi, dunque, i podi maschili e femminili con le gradite sorprese di Marco Bergo ma, soprattutto, delle sorelle astigiane che con questo prestigioso risultato fanno il loro ingresso ufficiale nei pronostici delle future fatiche montane.

La formula Walk ha condotto 134 amanti del cammino di osservazione sul tracciato di 12 Km e 450 metri di dislivello nelle splendide borgate crissoline (Borgo…che splendore) ma soprattutto “Vis a Visò” con il Re di Pietra.

Giornata sportiva, a Crissolo, conclusa alle ore 18 con l’arrivo degli ultimi protagonisti. Nell’attesa gran terzo tempo che ha coinvolto i 566 ospiti del Monviso e della grande creatura del Parco del Monviso: il Tour Monviso International Trail!

***

…Il “racconto” del passato finisce qui in attesa della prossima puntata in calendario per Domenica 26 agosto 2018. Le iscrizioni sono aperte ed il Parco del Monviso, con la collaborazione della ASD Podistica Valle Infernotto, sta operando per offrire agli appassionati una nuova occasione di sport nella natura al cospetto del Re di Pietra!